Altomonte Antonio
le insistenze di Domenico Zappone.La facilità espressiva e le particolari tendenze alla narrativa lo legarono sempre più al quotidiano romano tanto che, dopo le giustificate perplessità sorte nell’ambito familiare, nel 1961 decise di trasferirsi a Roma dove meglio e più facilmente poteva svolgere il lavoro di giornalista. Qui, dopo aver fatto il cronista, passò alla redazione e fu anche responsabile del supplemento libri, distinguendosi per capacità e professionalità.Nel 1964 pubblicò il suo primo romanzo, «Il Feudo», al quale, alla nona rassegna di Villa San Giovanni, venne attribuito il primo premio per la narrativa. Come precisò in seguito lo stesso autore, "Il Feudo" significò la scoperta di una vocazione.Anni prima il manoscritto di questo romanzo era stato inviato a diverse case editrici ma nessuna di esse l’aveva preso in considerazione per la pubblicazione.Con «Il Feudo» l’autore si affacciò alla severa critica letteraria riuscendo a riscuotere quei preziosi successi che lo spinsero sempre più in quella delicata attività che lo porterà successivamente ad essere considerato protagonista principale della narrativa contemporanea. Anche per questo, lo stesso anno 1964, Leonida Repaci (che di Altomonte ebbe sempre stima e fiducia sin dai giorni della loro conoscenza), pubblicando l’interessante volume "Calabria grande e amara", lo definì emblematico ricostruttore di perdute dimensioni.Fu così che l’affermato redattore dell’importante quotidiano si affacciava alla narrativa con fiduciosa speranza e con grandi capacità creative dopo l’avvilimento iniziale causato dal tormentato iter cui "Il Feudo" era stato sottoposto.Il grande pubblico cominciò a conoscere il suo nome ed i più severi critici iniziarono ad interessarsi dei suoi lavori soltanto l’anno successivo quando fu pubblicato "L’Idea del corpo", un romanzo di profondo interesse umano in cui i principali protagonisti, due ragazzi (Luca e Sabella), si raffigurano alla presenza di una antica cattedrale attorno alla quale si svolge la loro vicenda.Questi due romanzi, e gli interessanti servizi con cui egli introdusse innovazioni importanti nel campo giornalistico, fecero intravedere le particolari doti letterarie e gli ampi orizzonti in cui poteva spaziare.Nel 1968 si unì in matrimonio con Libertaria Falvo. Oltre a scrivere «La sostanza bruna», che verrà pubblicato nel 1972 e che avviò una nuova fase alla sua ispirazione meridionale, si interessò di problemi regionali curando delle specifiche antologie. Una, sulla Calabria, in collaborazione con Leonida Repaci, fu pubblicata nel 1969 col titolo "Narratori di Calabria" ed un’altra, sul Lazio, fu pubblicata nel 1974 col titolo «Roma: diario a più voci».Negli anni successivi, pur interessandosi con parsimonia alla narrativa, scrisse un saggio su Leonida Repaci, pubblicato a Firenze nel 1976, ma non trascurò di fare del buon giornalismo visitando molti paesi stranieri e curando importanti reportages.Ed è proprio in uno di questi viaggi che maturò nella sua mente l’idea di scrivere "Dopo il presidente"(1) idea che poi si concretizzò a seguito della lunga agonia e quindi della morte del generalissimo Franco in Spagna, delle vicende di Tito in Iugoslavia e di altri dittatori che in quel periodo caratterizzarono popoli e territori.Per "Dopo il presidente", pubblicato nel 1978 e considerato una "metafora del potere", gli venne assegnato il prestigioso ed ambito premio "Viareggio" dopo che la giuria aveva intravisto nel romanzo due grosse intuizioni narrative: l’atmosfera vetrosa entro cui i personaggi si muovevano quasi per un destino e il potere che è sempre infame.
Instancabile nel suo lavoro il giovane scrittore alternò il giornalismo alla narrativa e viceversa e così dopo due anni poté mandare alle stampe un altro interessante romanzo che lo consacrò scrittore di elevato pregio letterario e che gli procurò il premio "Selezione Campiello": «Sua Eccellenza», un racconto dove si evidenziano le delusioni e le amarezze di un uomo che, vissuto all’insegna della legalità e nella certezza dei valori, si trova poi di fronte ad una realtà romana, "microcosmo di devastazioni e di detriti". Ed in questa città lussureggiante compie un drammatico viaggio in compagnia della moglie "attraverso le incognite della corruzione dei corpi e nella salvezza dell’anima".Nel 1982, riunendo in unico volume i tre romanzi già editi «Il Feudo», "Adolescenza", già intitolato "L’idea del corpo", e "Una storia in frantumi», già col titolo "La sostanza bruna", pubblicò "Una stagione sull’altra". Tre romanzi che, come si legge sulla copertina, testimoniano da lontano gli elementi di novità di uno scrittore giunto al successo di pubblico ed alla larga considerazione della critica con «Dopo il presidente» e «Sua Eccellenza». Lavoro impegnativo a cui venne assegnato il premio "Pisa"(2).Nello stesso anno 1982 uscì «Il Magnifico»: un’ampia biografia di Lorenzo dei Medici con cui si aggiudicò il premio "Castiglioncello" per la biografia opera prima, considerato pure libro dell’anno.Questo nuovo impegno confennò la serietà e la preparazione dello scrittore palmese indicandone anche la profonda conoscenza per particolari periodi storici che caratterizzarono la vita e la cultura del popoio italiano(3).Pur non essendo un romanziere storico, infatti, egli si seppe inserire in un contesto storico ben preciso e delimitato tanto da cogliere quegli aspetti particolari considerati fondamentali nella figura di questo personaggio. Doti, queste, sottolineate da Enzo Fabiani nella presentazione e commentate da Vittore Branca sul "Corriere della Sera" dove, tra l’altro, venne precisato che "l’autore ha rivelato e tinteggiato abilmente i momenti più diversi della personalità di Lorenzo". Mario Guidotti aggiunse che la biografia sul "Magnifico" è un 'opera storica scritta da un romanziere, da un narratore che rimane tale, cioè racconta e al tempo stesso non romanza e non inventa, ma attenta a fonti storiche, valuta da storico e critico con rigore scientifico.Queste sensibilità espressive, d’altra parte, l’Altomonte le aveva evidenziate nei suoi precedenti lavori che la critica ed il pubblico avevano favorevolmente accolto e che riemersero nel 1984 ne «Il fratello orientale», in cui, come si legge nello stesso libro, la cronaca dei nostri giorni è trasformata nel mistero dell’esistenza. Quale morte attende lo straniero che troppo ci assomiglia? Con queste sofisticate e coraggiose pagine di narrativa all’autore venne assegnato il premio "Selezione Campiello" ed il premio "Basilicata".Nello stesso anno si cimentò in un campo propriamente non suo, quello del teatro, con la commedia "La parete di vetro", riscuotendo un successo enorme tanto da fargli assegnare, cx equo, il premio nazionale Fondi - La Pastora.Quasi nello stesso periodo preparò per la RAI alcuni radiogramrni che furono pure pubblicati su delle riviste.Anche la narrativa, comunque, trovò un’alternanza con qualche diverso lavoro, quasi che lo scrittore avesse bisogno di più larghi spazi per arricchire il suo già grande bagaglio culturale. Lo dimostrarono le sue introduzioni su Benvenuto Cellini, su i due trattati intorno all’oreficeria ed alle sue principali arti e sull’arte della scrittura (1983); su Guido Nobile nel romanzo «Senza Bussola» (1979); su De Angelis, nel romanzo «Inverno in palude» (1984). Per finire all’altra sua produzione «Dante una vita per l’imperatore», considerata l’avventura "umana e poetica dell ‘Alighieri ricostruita a partire dal punto di vista politico...". Opera nella quale, secondo Barbera, Altomonte scrisse di più di una biografia, dando dignità alla letteratura, sapendo coniugare la storia e il presente, in una visione sincrona della realtà(4)" Lavoro superbo premiato con "Il Valentino d’oro" alla diciottesima edizione di Terni; riconoscimento che ogni anno viene assegnato a personalità italiane e straniere che ben si distinguono nelle diverse discipline. Poi, con il "Fiuggi" per la saggistica anno 1985.E tra i tanti riconoscimenti ed i molteplici premi che coronarono anni di sacrifici, di studi e di. impegni costanti tanto all’uomo quanto allo scrittore, vanno qui citati pure quelli attribuiti dalle istituzioni calabresi riconoscenti per la esposizione delle sue idee e per la serietà dei suoi lavori. E fra i tanti si segnala quello più significativo conferitogli dalla città di Reggio nel 1993, "Il Bergamotto d’oro", quale "riconoscimento non soltanto per le particolari inchieste giornalistiche"(5) ma anche e soprattutto per lo scrittore, dato che è da considerare uno dei più validi ed apprezzati della nuova generazione. Un uomo del profondo Sud e come tale capace di sentimenti profondi... un uomo sempre pronto ad affiancare ogni battaglia civile per le maggiori fortune della Calabria(6)Pur vivendo da oltre trent’anni nella città di Roma, egli tornava spesso nella sua Palmi ove, oltre l’affetto dei suoi cari, lo legava anche un sentimento intenso; un sentimento che, come egli confessava, gli era rimasto dentro chiamandolo "spleeu".La morte, però, era in agguato e sopraggiunse la notte tra il 31 Dicembre del 1986 ed il 1° Gennaio del 1987, in una clinica romana, dopo una malattia durata oltre un anno, sempre assistito dalla moglie e dalla figlia Francesca.Le sue spoglie, dopo la cerimonia funebre di Roma, furono subito trasferite a Palmi, dove si svolse una seconda cerimonia alla presenza di tanti esponenti illustri della cultura e della letteratura calabrese e nazionale. Ritornarono in quella sua città che egli seppe onorare in tutti i campi della cultura ed in particolare in quelli della letteratura, della narrativa, della critica letteraria, della saggistica e del giornalismo. E la città a lui ha dedicato il premio letterario per la saggistica, istituito sin dal 1995.Emozionante quanto scrisse Cipollina: "Dopo la commozione desolata, dopo la pena per l’uomo e la lacerazione e il vuoto per la perdita dell’amico, pietosa consolante si fa strada la consapevolezza che neppure la morte potrà toglierci quel grande atto vitale che fu per te la scrittura. Tu resterai perché i tuoi libri resteranno a dire la forza impositiva di un impegno letterario che ti pone fra i grandissimi europei destinati a dare lustro alla storia di questo nostro novecento letterario"(7)Ma non fu solo la città di Palmi ad esprimere il cordoglio per la scomparsa di questo suo illustre cittadino perché tutta la Calabria si unì ad essa tramite la sua massima espressione democratica-elettiva (il presidente del consiglio regionale) con un telegramma inviato, oltre al sindaco, alla famiglia Altomonte ed al direttore del "Tempo" in cui, nell’elencare le doti e le virtù del conterraneo scomparso, fu messo in risalto come gli interventi e le testimonianze lasciati dall’Altomonte devono considerarsi patrimonio vivo per intendere ed affrontare i problemi della Calabria.Componente della giuria Rhegium Julii, stava preparando con Giuseppe Reale una collana di biografie dedicata ai Calabresi che si erano distinti nell’arte e nella letteratura regionale.Nel ricordame la figura il Barbera scrisse che egli è stato un testimone attento e critico della società e della letteratura, uno scrittore capace di affondare nella realtà senza mai subirne gli impacci per trasportarla nel linguaggio narrativo, ma anche di muoversi con concretezza in quel mondo di parole che è la letteratura, senza mai restare invischiato in un gioco sterile e vuoto(8). Lo scrittore Carlo Bo, invece, nel precisare che ...certe sue inchieste sono rimaste famose e non potranno essere trascurate neppure in avvenire... ~ si sofferma sull’amore che Altomonte ebbe per il romanzo sottolineando che egli è vissuto per raccontare a lungo, per tracciare dei complicati ambiziosi itinerari e soprattutto per mettere in moto delle vere e proprie macchine narratrici...(9).« I cari tiranni », l’opera che aveva fmito prima di morire, fu pubblicata qualche mese dopo la sua morte. Anche per questo romanzo il successo fu enorme. In esso, come scrisse Luigi Baldacci presentandolo, si avverte l’ampiezza di un respiro culturale in cui da Stendhal a Gide a Pirandello tutta la cultura moderna è più che rivisitata, rivissuta...E, continuando, il romanzo «I cari tiranni» ha ‘forse una marcia in più rispetto agli altri titoli di Altomonte. E un romanzo che... ci racconta i moti di aggregazione e di dissociazione, le alternanze di vittoria e di disfatta che scandiscono il ritmo della storia.
Tratto da UOMINI DA RICORDARE Bruno Zappone giugno 2000 Ed. AGE
1) Nel periodo di tempo intercorrente tra la caduta di Salazar nel Portogallo e quella del successore Gaetano, l’Altornonte - quale inviato del suo giornale- ebbe modo di constatare che la gente non parlava d’altro che di Salazar, come se lunghi anni di dittatura avessero plagiato le menti di tutta la popolazione.
2) Dei romanzi compresi in questo volume soltanto «Il Feudo» conservò il titolo originario. «Adolescenza» e «Una storia in frantumi» si intitolavano, rispettivamente, «L‘idea del corpo» e «La sostanza bruna». Ambientati in Calabria i tre libri furono riproposti interamente riveduti.
3) Altomonte è uno studioso attento alla realtà, ha pagine di densità quasi magica e di bella e robusta compattezza; non appartiene al clan di tendenze ideologiche nè sperimentalistiche, ma crede in una letteratura che si nutre di umane verità. Ed ancora, Altomonte è riuscito a far conoscere nella giusta efficacia e nella possibile verità un paesaggio, un’epoca e una città capaci davvero di far tremare le vene ai polsi per la loro grandezza e riconoscenza. Da: Enzo Fabiani, in GENTE del 7.5.82.
4) Lucio Barbera, in Gazzetta del Sud del 2.1.1987
5) Alla sua attività giornalistica appartengono: «Viaggio nella cultura italiana», pubblicato nel 1975; «Repaci». saggio critico pubblicato nel 1976; «L ‘Intellettuale bifronte». edito nel 1977, vincitore del premio Rhegium Julii; «Mafia, briganti, camorra e letteratura», pubblicato nel 1979.
6) Notiziario Lions, Distretto 108 Y n.5 del Luglio 1983.
7) Giusi Verbaro Cipollina, in: Calabria n.21 Gennaio 1987, pag.65.
8) Lucio Barbera, c.s..
9) GENTE, n.2 del 16.01.87.