Milone Pietro
Poeta dialettale ed autodidatta dotato di un particolare senso umoristico, Pietro Milone fu uno degli uomini più rappresentativi della citta di Palmi dato che seppe sviluppare un tipo di letteratura che non soltanto apportò interesse e curiosità alla gente del tempo ma sensibilizzò l’animo di più generazioni.
Questi concetti furono ampiamente rimarcati dal prof. Angelino Trimboli durante la commemorazione fatta in favore di Milone nel Novembre del 1981, sottolineando pure che egli “ha consacrato la sua vita ed il suo cuore alla poesia dialettale ed ha voluto testimoniare al popolo tutto quanto ha visto, ha sentito, ha amato”(1). Precisazione che in sintesi racchiude la vita di un poeta fatta di piccole cose e di un mirabile spirito umoristico che non fu mai irriguardoso nei confronti di altri, anzi contenuto nel rispetto e nella dignità di tutti. Doti e virtù non facilmente riscontrabili e che furono il supporto fondamentale di quel generale apprezzamento e di quella benevolenza da parte di tutta la collettività.In lui infatti, “si manifesta lo spirito caustico di un autore che deve dire in rima tutto ciò che gli passa per la mente, sopratutto per lagnarsi dei guai che i suoi concittadini gli procurano”(2).
Essendo un conoscitore degli aspetti palmesi, egli si interessò con entusiasmo dei problemi dei propri concittadini descrivendoli nei suoi versi con uno spirito umano ed espressivo, curando di non compromettere mai la loro suscettibilità e di non allontanarsi dal loro affetto e dalla loro stima. Certamente queste sue attenzioni, che erano delle proprie virtù, lasciarono un ricordo vivo e familiare presso ogni palmese. E ciò lo fece presente pure il preside della scuola media a lui intestata in occasione della citata manifestazione allorquando sottolineò che “dai ricordi dei nostri padri; e di noi, allora molto giovani, emerge marcatamente l’affabilità dei gesti e del comportamento di questo poeta libraio-legatore, il quale dimostrava sempre sentimenti di affetto verso gli amici e di umanità profonda verso chi soffriva e a cui la vita si presentava aspra e difficile, perché anche aspra e difficile era la sua vita”(3).
Il suo carattere particolarmente mite ed il suo spirito intelligente e creativo furono le caratteristiche di tutta la sua esistenza. Una vita, da precisare, vissuta sempre all’insegna del sorriso che ovunque l’accompagnava e che non scomparve nemmeno quando la malattia cominciò a prendere possesso del suo corpo. La gente si stringeva intorno con affetto caloroso e con grande rispetto. I suoi amici appartenevano ad ogni ceto sociale, senza preferenza alcuna.
Cardone, Sardiello, Cilea e tanti altri furono tra questi.
Attorno a lui svanivano le classi più o meno abbienti soppiantate dal quel calore umano in cui stima e benevolenza erano i sentimenti che vi regnavano.
Subito dopo il disatroso terremoto del 1908, che tanto lutto apportò anche alle famiglie palmesi, il suo cinismo si unì amorevolmente a quello delle famiglie sinistrate e scrisse una simbolica quanto accorata «Supprica al guardiano del paradiso», considerata un capolavoro di letteratura ed anche di inventiva.
Nato il 20 Novembre del 1867 da una modesta famiglia, poté compiere soltanto pochi anni di studio data la necessità di intraprendere l’arte del libraio-legatore in un negozio di un suo parente il quale, tra un’indicazione ed un’altra circa l’attività del lavoro, gli imparti pure i fondamentali insegnamenti della grammatica.
Sin da giovane, però, la vena poetica lo attrasse e, pur non interrompendo l’apprendimento del mestiere che doveva servire per il suo futuro (e rappresentava tra l’altro l’unico sostegno economico) ugualmente, anche se di tanto in tanto, componeva qualche brano dialettale molto gradito ed apprezzato dagli amici che frequentavano la bottega.
Fu così che essa diventò un vero laboratorio d’arte, non a caso chiamata la Zanichelli di Palmi, tanto che poi diventò il ritrovo abituale di artigiani, medici, avvocati e gente di qualsivoglia rango, dove si trascorrevano piacevolmente intere giornate ad ascoltare battute, versi e poesie in vernacolo composte ed improvvisate dal giovane Milone. Lo spunto era dato dagli avvenimenti più o meno vari o dai fatti che accadevano nella zona e che in questa bottega trovavano sfogo ed attuazione immediata con traduzione in versi od in poesia, a volte burleschi ed a volte carichi di humor, ma sempre ascoltati con interesse, anche perché spesso colorati da uno stile vivace ed umano che sapeva entusiasmare tutti gli appassionati di poesia dialettale.
Alcune di queste poesie furono pubblicate nel 1896, nel 1897, nel 1899, nel 1901 e nel 1915. Altre rimasero gelosamente custodite perché rappresentavano non soltanto le tappe principali della sua vita ma riguardavano pure la storia di un paese e dei suoi personaggi.
Più tardi, in seguito ai numerosi incitamenti ed alle continue sollecitazioni di molti amici, si decise raggrupparli in un volume che pubblicò nel 1922 col titolo «Picci e Zannelli»; volume ristampato successivamente dal figlio Giacomo in una edizione fuori commercio, proprio per la ricorrenza della commemorazione paterna. E per volere dello stesso figlio, dopo la sua morte, la casa di Palmi fu donata dalla vedova Francesca Cassalia al comune natio per farne, nel nome di Pietro Milone, una biblioteca con annesso centro studi delle tradizioni popolari, arricchito di stampe, libri, fotografie, progetti e quanto altro potesse avere come riferimento Palmi e le sue bellezze.
Nel 1923 era stato designato dal procuratore del re come giurato presso la locale corte di assise. Rifiutò con grande cordialità ma volle immortalare questa sua rinuncia con dei versi memorabili intitolati «Supprica a lu cavaleri Boianu» (presidente della corte).
Mori a Palmi il 4 Novembre del 1933 e di lui Leonida Repaci, in un telegramma trasmesso ai familiari, ci tenne a far rilevare che la storia dei primi decenni del millenovecento, i suoi riti, i suoi problemi, trovarono nella poesia di Pietro Milone una eco ricca di forza rappresentativa.
Registrato sin dalla nascita come Melone, con lo stesso cognome, sposò nel 1907 Naso Ignazio Maria. Anche il padre Giuseppe risulta registrato come Melone. Evidentemente per qualche errore commesso negli anni successivi il cognome fu trasformato in Milone.
E così risulta nei registri di morte del 1933.
La sua figura e la sua poesia, nonostante siano trascorsi lunghi anni dalla sua morte, è ancora viva e penetrante nei sentimenti dei palmesi. Egli è ancora vivo e presente tra tutti i suoi concittadini “nella misura in cui il prodotto culturale di un Autore tende ad oggettivarsi o ad universalizzarsi nel tempo e nello spazio “(4).
Tratto da UOMINI DA RICORDARE Bruno Zappone giugno 2000 Ed. AGE
1) Angelino Trimboli. L ‘uomo e il poeta, Tip.Zappia, Reggio Calabria, 1983, pag.51.
2) Guido Cimino. Il Ponte, Sett.Ott.1950, pag.1 103.
3) Domenico Zappone. L ‘uomo e il poeta cs., pag.23.